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Lo scrutinium – Una riflessione sul Conclave del responsabile CEI per la scuola

 

Nel cuore della Cappella Sistina, avvolti dal silenzio più solenne e sotto lo sguardo severo del Giudizio Universale di Michelangelo, i cardinali chiamati al Conclave compiono uno dei gesti più significativi della vita della Chiesa: lo scrutinium vere proprieque, ovvero il vero e proprio atto di votazione per l’elezione del nuovo Papa. Il rito, ricco di simbolismo e tradizione, si svolge in un’atmosfera carica di spiritualità. Uno alla volta, con passo composto e lo sguardo assorto, i porporati si avvicinano all’altare dove si trova l’urna per la raccolta dei voti. In mano tengono la scheda piegata in due, ben visibile, a simboleggiare la trasparenza e la coscienza del gesto che stanno per compiere. Davanti all’imponente Crocifisso e all’affresco michelangiolesco che raffigura la scena finale del destino umano, ogni cardinale pronuncia il giuramento rituale in latino: «Testor Christum Dominum, qui me iudicaturus est, me eum eligere, quem secundum Deum iudico eligi debere.» Tradotto: «Chiamo a testimone Cristo Signore, il quale mi giudicherà, che il mio voto è dato a colui che, secondo Dio, ritengo debba essere eletto.» È una dichiarazione forte, che va oltre la dimensione terrena: ogni voto è offerto nella consapevolezza del giudizio divino, nel segno della responsabilità e della coscienza personale. Dopo aver pronunciato il giuramento, il cardinale depone la scheda sopra un piattino e la fa scivolare solennemente all’interno dell’urna. Solo allora torna al proprio posto, lasciando che il silenzio del sacro spazio si richiuda alle sue spalle. È il momento in cui la scelta umana si affida alla volontà divina, e la Chiesa si prepara a ricevere il nome del suo nuovo pastore. Un rituale antico, immutato nei secoli, che ancora oggi ci ricorda che, prima di essere un’elezione, il conclave è un atto di fede. Lo scrutinium ha radici profonde che risalgono al Medioevo, quando la Chiesa stabilì un metodo rigoroso per garantire l’integrità spirituale e la segretezza del conclave. Nel corso dei secoli, il rito si è perfezionato, ma ha conservato intatta la sua essenza: ogni voto deve essere espressione sincera della volontà di Dio, non frutto di pressioni esterne o logiche umane. Come sottolinea il professor Giovanni Maria Vian, storico del cristianesimo ed ex direttore de L’Osservatore Romano: «Il momento del voto non è solo un atto canonico, ma un’intensa dichiarazione di responsabilità davanti alla storia e alla coscienza personale. È il punto in cui la dimensione mistica e quella istituzionale della Chiesa si fondono in modo unico.» Questo rito, incorniciato dalla maestà artistica della Cappella Sistina, continua a parlare all’anima del mondo cattolico, ricordando che ogni nuovo Papa nasce da un voto fatto nella preghiera, nel silenzio e sotto lo sguardo eterno del Giudizio.

Prof. Nicola Incampo

Consulente IRC per la Conferenza Episcopale Italiana e autore del volume “Tu sei un bene per me” (Corso di religione cattolica, Ed. La Scuola, 2025)