PERCHÉ L’INSEGNANTE DI RELIGIONE È ANCORA IMPORTANTE NELLA SCUOLA ITALIANA

 

Finalmente il concorso. Non un concorso qualunque, ma il concorso straordinario per gli insegnanti di religione cattolica, atteso da vent’anni. La gestazione di questo bando è stata lunga e piuttosto travagliata. In particolare, in tempi recenti, chi vi ha lavorato durante il governo Conte (Ministro dell’Istruzione Lucia Azzolina) sembrava voler perseguire due obiettivi: abilitare gli insegnanti di religione cattolica attraverso concorso e favorire chi aveva meno anni di servizio. Su tutti, l’obiettivo più ambizioso, non dichiarato ma evidente per gli addetti ai lavori, era quello di mettere in discussione l’ora di religione cattolica nella scuola italiana.

Per capire la portata dell’operazione che, con la complicità di qualche rappresentante della CEI e di qualche sindacato, si stava tentando di mettere in piedi bisogna partire da alcuni dati storici. Verso la fine degli anni Cinquanta il Ministero dell’Istruzione, di cui anche gli insegnanti di religione sono dipendenti, cambiò la modalità di retribuzione dei docenti, pagando di più chi era abilitato. Non sapendo come retribuire gli IdR, chiese parere al Consiglio di Stato, che il 4 marzo 1958 affermò: “Gli insegnanti di religione sono in possesso di speciale abilitazione”. Questa abilitazione è data dalla cosiddetta idoneità diocesana: il vescovo riconosce e certifica che l’insegnante è adeguato per retta dottrina, testimonianza di vita cristiana e abilità pedagogica. In virtù dell’abilitazione così ottenuta, l’IdR è stato da allora retribuito come i docenti abilitati delle altre discipline. Quanto al secondo obiettivo che si stava tentando di perseguire a Roma, mettere sullo stesso piano docenti con un giorno di servizio e docenti con vent’anni e più di precariato alle spalle sarebbe stata una palese ingiustizia.

È stato l’avvento, due anni fa, del nuovo segretario generale della CEI, monsignor Giuseppe Baturi, e del presidente, cardinale Matteo Maria Zuppi, a scongiurare i pericoli che si profilavano all’orizzonte. Si è ottenuto, dunque, grazie ad una intesa con il MIM, un bando che valorizzasse l’esperienza, tutelasse i diritti acquisiti e, attraverso questi, difendesse l’ora di religione nelle scuole.

Il concorso IRC 2024 non serve per poter insegnare ma per l’immissione in ruolo, cosa molto diversa. L’ IdR è un “mandato” dalla Chiesa. È la Chiesa che individua l’insegnante; all’autorità scolastica (dirigente scolastico o Ufficio scolastico regionale) compete solo stipulare il contratto di lavoro, che può essere a tempo indeterminato o determinato. Questo perché, come ho detto prima, gli IdR sono già abilitati. Abbiamo lavorato per un concorso senza voto minimo, così come lo Stato aveva fatto già nel 2018 per maestri di infanzia e primaria, e che tenesse conto del servizio di questi docenti. Cosa che abbiamo ottenuto. Nessuno sarà bocciato: chi non avrà il contratto a tempo indeterminato il primo settembre 2025 resterà comunque in una graduatoria a scorrimento destinata ad esaurirsi. Questo bando è un risultato storico, che conferma la centralità dell’insegnamento della religione cattolica nel sistema scolastico pubblico a 40 anni di distanza dall’accordo di villa Madama.

 

Prof. Nicola Incampo